19/03/10

Teiere

Il procedimento creativo parte solitamente da una sensazione, un'idea e poi, passando attraverso lo studio della fattibilità, le decisioni operative e la realizzazione pratica giunge in tempi più o meno brevi al prodotto finito. Spesso questo processo è faticoso perchè uno o più intoppi possono rallentare o bloccare il processo. Tutto questo è ben chiaro a chi si occupa di ceramica. I problemi possono nascere naturalmente in qualsiasi momento. La scelta della terra da usare può implicare problemi sia di formazione che di asciugatura del pezzo. La resa cromatica è legata sia alla terra che allo smalto che poi sarà usato come copertura. La curva di cottura può compromettere poi tutto il lavoro, il tempo e la fatica del procedimento di formatura.
Per questo, forse, questo lavoro è così affascinante. La sfida è continua e mai vinta definitivamente.
Tutto questo per rallegrarsi poi quando si tolgono dal forno degli oggetti che soddisfano le nostre aspettative. Ci rallegriamo del fatto che le nostre previsioni sono state finalmente soddisfatte e ci sentiamo in pace con il mondo perchè per questa volta il risultato ci dà ragione.
Penso che si diventa ceramista quando il prodotto è esattamente conforme a quanto progettato, un lungo cammino fatto di errori e di piccole correzioni.
Questo non credo che voglia dire non stupirsi più all'apertura del forno, ma il sentimento dovrebbe essere più di gratificazione che di meraviglia.
Mi piacerebbe sapere se chi legge la pensa così.

Ci sono poi degli oggetti che sono più vicini alla nostra anima, sono più conformi alle nostre mani, come dire: ci vengono più naturali. Anche se il "ci vengono" vorrebbe siglificare " riusciamo a realizzarli ". Non sto parlando di misticismo, ma semplicemente di conformità alle nostre mani e al nostro corpo. Questo è ciò che mi capita con l'oggetto "teiera". Al di là del risultato finale che può piacere o meno a seconda dei gusti personali, la realizzazione delle teiere mi dà un sacco di soddisfazione, proprio un benessere quasi fisico.

Al tornio, in rifinitura, nell'assemblaggio dei pezzi, le ore di lavoro passano senza quasi accorgersene, e dal forno escono sempre intatte.

5 commenti:

  1. Bellissime!!!! sono davvero splendide e raccontano quello che tanto bene descrivi....a presto

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  2. Bene, bene, quanto hai lavorato..mi piacciono le ciotole squadrate, porcellana? celadon? bella fusione con il bianco della terra che traspare sui bordi...Allora io la penso così:tutti i problemi che incontriamo nel realizzare una forma sono la parte più eccitante del nostro lavoro, quello che ci permette di evolvere e anche di imparare a conoscerci attraverso le soluzioni e i metodi che adottiamo...Lunga vita alla ceramica..ciao Laura dello studiopotterpeveragno

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  3. Concordo pienamente con le tue riflessioni. E' proprio vero che ideare, progettare, creare e ottenere il risultato voluto in seguito alla prova del forno non è un'operazione matematica tanto scontata. Il ceramista è un po' poeta, un po' tecnico, un po' alchimista... e tutto ciò insieme dà la gioia della sperimentazione e l'estasi del giusto risultato.
    Un forte abbraccio!
    Alessia, Le Jardin Ceramique

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  4. Molto molto belle, complimenti! Bellissime ceramiche da tramandare di madre in figlia, le immagino proprio cosi, uniche e per sempre.
    Simona

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  5. Grazie di cuore per i vostri commenti molto molto carini!
    Per Laura: le ciotole sono in gres bianco con una cristallina matt che contiene del carbonato di rame. Anche a me piace l'effetto simil-celadon, ma è solo un fac simile ottenuto in forno elettrico.
    Per Simona: grazie, è molto bella e poetica la tua immagine che hai associato alle mie teiere. Penso che ne farò da conservare per i miei figli, per raccontare loro una storia quando saranno grandi e andranno a vivere da soli. Chissà se sapranno apprezzare.....

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